Dr. Alessio Franchina
L’impatto della tecnologia digitale in implanto-protesi è un dato di fatto che, negli ultimi cinque anni, ha rivoluzionato il flusso di lavoro e le abitudini di molti dentisti. Oggi quasi tutti i brand implantari principali si avvalgono di software per la pianificazione implantare e per la previsualizzazione del progetto protesico.
Molti hanno anche rivolto il loro interesse ad aspetti squisitamente collegati alla fase protesica della riabilitazione: scansione intraorale, scansione extraorale, progettazione CAD e produzione CAM di provvisori e definitivi. L’avvento e l’integrazione all’interno degli studi odontoiatrici delle stampanti 3D e dei fresatori ampliano le possibilità di rendere attuabile il così detto “chair-side”, con vantaggi che investono sia la sfera della praticità e soddisfazione del paziente che quelli finanziari, per le strutture sanitarie che li realizzano.
Dal punto di vista prettamente clinico lo scopo di questo articolo è fornire, attraverso due case report, una possibile e personale interpretazione di un flusso di lavoro digitale implanto-protesico. La sequenza operativa di un trattamento implanto-protesico muove dal riconoscimento del tipo di edentulia e delle condizioni di partenza dei tessuti duri e molli e quindi, alla luce delle attuali tecnologie, dall’utilizzo di un software con il quale elaborare un progetto chirurgico partendo da un esame volumetrico 3D (CBCT) delle arcate mascellari. La maggior parte dei software in commercio consentono inoltre di importare nella pianificazione implantare anche la pianificazione protesica, ottenuta tramite scansione dei modelli con la ceratura diagnostica o importazione diretta del file del progetto protesico già realizzato. Ciò significa che il clinico potrà vedere nel software i contorni della condizione gengivale di partenza e della futura protesi e, di conseguenza, studiare la corretta posizione implantare.
In aggiunta, se il clinico lo preferisce, potrà anche pianificare un posizionamento implantare guidato: la produzione di una guida chirurgica personalizzata a supporto dentale, gengivale o osseo consente il trasferimento del progetto virtuale nel reale contesto anatomico del paziente.
Queste modalità di approccio vanno “a braccetto” con le procedure di protesizzazione a carico immediato: la chirurgia guidata ci offre la chance di ottenere un modello e un provvisorio implantare ancor prima di aver effettuato la chirurgia, con il vantaggio di non lasciare il paziente mai senza denti, senza soluzione di continuità tra chirurgia e provvisorio. La scelta di un protocollo computer guidato e a carico immediato si basa anche su aspetti legati alla mininvasività, all’ottimizzazione degli spazi protesici e alla semplificazione, almeno per quanto concerne la sfera personale del paziente, del trattamento.
Non tutte le chirurgie implantari vengono gestite con tecnica guidata e, in tal caso, la consequenziale fase protesica può essere eseguita facendo ricorso a tecniche d’impronta digitale intraorale o extraorale. L’impronta digitale intraorale (IOS) è una tecnica che negli ultimi anni è andata incontro a rilevanti miglioramenti per via delle ottimizzate performance dei device disponibili sul mercato. Esistono tuttavia delle indicazioni elettive che fanno prediligere questa modalità d’impronta alla tecnica convenzionale. Quando possibile, la IOS consente di contrarre i tempi sia della presa delle impronte che della comunicazione con il laboratorio: la trasformazione di tutta la fase progettuale in un file digitale consente un’agevole e veloce comunicazione del progetto e un’ancor più rapida fase di produzione del manufatto.6 Oltre agli aspetti tecnici vanno ricordati anche quelli pratici osservati dai pazienti, che esprimono tutta la loro gratitudine per l’utilizzo di una tecnica indolore e soprattutto insapore per rilevare la forma e la posizione dei monconi dentali o implantari.
CASO CLINICO 1 – Paziente di sesso femminile, anni 40, fumatrice, ASA 1
La paziente si è rivolta allo studio per sostituire l’elemento 1.5, sede di precedenti trattamenti endodontici ortogradi e retrogradi, con un impianto osteointegrato. Una proposta più conservativa, che prevedeva una nuova chirurgia endodontica e un ritrattamento protesico, è stata anche valutata insieme con la paziente. L’esigenza di non rischiare ancora un fallimento e quindi di non aggravare l’impatto economico del trattamento, è stato il fattore chiave per cui si è scelto di andare nella direzione della riabilitazione a supporto implantare. Il quadro radiografico iniziale evidenziava la lesione apicale alla quale, clinicamente, si accompagnava la presenza di una fistola con evidente carattere endodontico. Prima di effettuare la diagnostica 3D, essenziale per poter esser certi che la scelta di un impianto post estrattivo a carico immediato potesse essere una strada percorribile, volendo ricorrere alla sistematica Navibox®, sono state rilevate due impronte in alginato e le stesse sono state scansionate con uno scanner da laboratorio. L’esame Cone Beam è stato eseguito interponendo un dispositivo radiologico contenente un fiducial marker (Navibite®) tra le arcate della paziente e quindi lo stesso è stato sottoposto a scansione con il medesimo scanner da laboratorio. Lo scopo di questo protocollo è quello di rendere estremamente affidabile la successiva fase di allineamento dei file STL derivanti dalla scansione dei modelli e del Navibite® alle immagini DICOM derivanti dall’esame radiologico CBCT. Infatti il fiducial marker contenuto all’interno del Navibite® ha una matematica nota ed essendo radiopaco, risulta evidente nelle immagini ottenute dalla CBCT e consente un facile allineamento tra l’immagine radiografica e quella ottenuta dalla rispettiva scansione ottica. Avendo provveduto ad allineare anche il modello superiore ed inferiore al Navibite®, sarà agevole generare l’allineamento tra le immagini delle scansioni dei modelli e le corrispettive immagini derivanti dall’esame radiologico. La giustificazione di questa modalità di processazione delle immagini deriva dalla constatazione che la definizione dell’immagine radiologica è nettamente inferiore a quella della scansione ottica. Una volta ultimata la fase dell’allineamento è possibile definire il corretto posizionamento implantare. Avendo previsto di eseguire una chirurgia guidata e un probabile carico immediato, i device richiesti sono consistiti in una guida chirurgica (Naviguide®), un modello dentale avente un foro calibrato per poter alloggiare un analogo corrispondente all’impianto prestabilito e un provvisorio costruito prevedendo il successivo incollaggio con un pilastro per provvisori. La chirurgia ha comportato l’avulsione atraumatica dell’elemento in questione, l’applicazione della Naviguide® e la relativa preparazione del sito implantare ed inserzione guidata dell’impianto. Constatato l’alto torque di inserzione nel contesto di una qualità ossea di media densità si è proceduto con l’applicazione del componente protesico, l’incollaggio della corona provvisoria precedentemente preparata e l’applicazione della corona provvisoria sulla fixture appena posizionata. Al termine del posizionamento implantoprotesico è stata scattata un radiografia endorale per constatare il perfetto alloggiamento del componente protesico sull’impianto. Il rispetto dei volumi dentali corretti ha consentito l’ottenimento del giusto rispetto dei tessuti molli marginali che ha favorito una perfetta guarigione, come osservabile a 6 mesi di distanza dal posizionamento implantare.[/toggle][toggle title=”CASO CLINICO 2 – Paziente di sesso maschile, anni 55, fumatore, ASA1″ open=”no”]
Il paziente si è rivolto alla nostra osservazione per riabilitare il settore superiore sinistro, rimpiazzando la radice del 2.3 (carie destruente) e gli elementi mancanti 2.4-2.5.
Al fine di effettuare un’adeguata valutazione dei tessuti ossei e dei volumi della radice del 2.3, che avrebbe determinato la possibilità di eseguire un posizionamento implantare immediato, il paziente è stato sottoposto ad esame radiografico tridimensionale Cone Beam.
La cBcT è stata esportata su un software per pianificazione computer guidata (Navimax®) attraverso il quale è stato possibile confermare la possibilità di gestire in un unico tempo operatorio sia l’avulsione che la chirurgia implantare.
È stata eseguita l’avulsione atraumatica del 2.3, e creata la sede all’interno della quale posizionare l’impianto.
Per gestire in maniera ottimale il minus gengivale che nel tempo si era venuto a creare come conseguenza della mancanza degli elementi 24 e 25 è stato disegnato un lembo trapezoidale a spessore parziale, previa disepitelizzazione della porzione crestale.
È stato quindi approntato il sito implantare del 2.5 e alloggiato l’impianto previsto.
Il gap esistente tra la porzione vestibolare dell’impianto del 2.3 e il bordo vestibolare dell’alveolo corrispondente è stato colmato con un innesto di osso eterologo e una spugna di collagene.
Avendo previsto una protesizzazione immediata ma non avendo un provvisorio già pronto (come nel caso precedentemente illustrato) è stata rilevata un’impronta attraverso una scansione intraorale (cS3600).
A tal fine su ciascun impianto è stato connesso un transfer digitale (Scan Body) ed è stata eseguita la scansione.
Gli scan body utilizzati sono in materiale metallico, radiopaco e quindi che consente la verifica del corretto alloggiamento. Le scansioni sono state esportate su software di progettazione cAD (Exocad®) ed è stata eseguita la progettazione del manufatto protesico, tenendo in considerazione il successivo incollaggio del manufatto con un T-base (Flexlink®).
Il provvisorio è stato stampato con una stampante 3D (Moonray S100) direttamente in studio e, nel contesto della stessa giornata in cui è stata eseguita la chirurgia, è stato applicato.
Una radiogradia endorale di controllo post applicazione del manufatto è indispensabile per verificare il corretto accoppiamento del manufatto con gli impianti sottostanti.
Una considerazione da fare a margine dei due casi clinici sopra presentati è quella relativa alla modalità di interpretazione del flusso digitale: si sente tanto parlare in merito a questo ed è opportuno chiarire che esiste estrema flessibilità. È fondamentale adattare ciò che il mercato e la tecnologia fornisce alle esigenze del clinico e le richieste del paziente.
La chirurgia guidata offre il vantaggio di poter ripetere clinicamente quanto pianificato virtualmente e, non ultimo, la possibilità di consegnare il provvisorio in tempi realmente molto brevi e immediatamente successivi alla fase chirurgica. Le tecniche d’impronta digitale offrono invece il vantaggio di semplificare tutta la fase protesica: le macchine a disposizione sul mercato offrono, quasi tutte, grande affidabilità a patto che vengano rispettate le attuali indicazioni. Gli scanner intraorali, consentendo la ripresa a distanze variabili (sarebbe molto difficile riuscire a mantenere sempre la stessa distanza in fase di ripresa), incorporano il rischio di introdurre piccolissime discrepanze che, nella ripresa di un’intera arcata, possono inficiare il risultato finale in termini di precisione e quindi di possibilità di alloggiare correttamente un restauro.
Com’è noto sapere, i restauri a supporto dentale devono avere una certa tolleranza (su questo aspetto la letteratura concorda sulla necessità di rimanere all’interno di valori compresi nei 20-50 micron in funzione della lunghezza della travata). I restauri a supporto implantare concepiti con una ritenzione meccanica (restauri avvitati) non concedono valori di tolleranza così ampi e quindi è attualmente sconsigliato l’uso per riabilitazioni full-arch. Non è impossibile riuscire a gestire la scansione di un’intera arcata con la scansione intraorale, ma gli escamotage che devono essere adottati rendono la procedura non sempre allo stesso modo ripetibile. Inoltre anche l’aspetto legato alle tempistiche necessarie all’esecuzione della scansione rende profittevole la scansione di segmenti brevi, dove esistono svariati punti di riferimento che il software dello scanner utilizza per creare un’immagine unica, mentre ulteriori studi e valutazioni sono necessari per avere situazioni analoghe in casi full-arch.
In questi casi la scelta di un’impronta convenzionale e di una successiva scansione del modello o, come recentemente mostrato, direttamente dell’impronta, attraverso l’uso di analoghi digitali da scansione (scan analogo), possono rappresentare una via preferenziale per portare il lavoro all’interno del flusso protesico digitale. Gli scan analoghi hanno delle caratteristiche similari a quelle degli scan body: esiste una relazione diretta tra la posizione della sfaccettatura dello scan analogo e la posizione dell’esagono della connessione. Una volta eseguita l’impronta convenzionale, gli scan analoghi vengono accoppiati ai coping da impronta (ne esistono due tipologie, una per gli impianti e una per i pilastri Low Profile) e quindi si passa alla successiva fase di scansione. I vantaggi di scansionare direttamente un’impronta con gli scan analoghi sono:
- Bastano pochi minuti per completare la scansione e ottenere un modello virtuale sotto forma di file STL che può essere inviato al laboratorio in via digitale
- Evitando la colatura del modello si elimina il rischio di introdurre un errore legato alle modifiche dimensionali alle quali va incontro il gesso durante le fasi del suo indurimento
- Potenziale eliminazione dell’errore operatore dipendente
- Riduzione dei tempi di progettazione e di produzione
- Possibilità di non dover cambiare le proprie abitudini “analogiche” customizzando il flusso digitale secondo le proprie attitudini lavorative e organizzative
Il flusso implanto-protesico “full-digital” è ormai una solida realtà che non può essere vista in altro modo che con interesse e rispetto. Esistono tuttavia molteplici vie per poterne sfruttare le potenzialità. Indubbiamente sono necessarie ulteriori valutazioni e innovazioni per rendere standardizzabili i processi clinici che lo caratterizzano.Non perdere l’occasione di partecipare ai numerosi Webinar o approfondire il tema nei prossimi appuntamenti formativi con il Dr. Franchina:
?19, 20 e 21 Settembre 2019, Verona
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